L’UE Introduce il Salario Minimo
L’introduzione del salario minimo e la crescita dei salari nell’Unione Europea
Negli ultimi anni la pandemia ha indebolito l’economia globale, in particolare l’Europa, area in cui sono emerse tutte le difficoltà economiche e le disuguaglianze principalmente sul piano lavorativo. A causa della crisi alcuni lavoratori, dipendenti e autonomi hanno visto le loro condizioni economiche cambiare rientrando nella categoria definita “new poor”, persone che non hanno una retribuzione sufficiente per vivere in modo dignitoso.
Assicurare un livello di vita dignitoso ai lavoratori, è diventato per l’Europa un punto cruciale da sviluppare nelle politiche successive al 2020. Ridurre la povertà non è essenziale solo in situazione di crisi, ma è fondamentale per assicurare un futuro sostenibile, di inclusività e di sviluppo economico a lungo termine. Per questo all’inizio del suo mandato la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen promise lo sviluppo di uno strumento che garantisse ai lavoratori dell’UE un salario minimo equo.
Ad oggi 21 paesi europei hanno un sistema basato sul salario minimo mentre 6 (Italia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Austria e Cipro) hanno un sistema basato sulla contrattazione collettiva. Distinto da tutti gli altri troviamo il Belgio che adotta un sistema misto, in cui contrattazione collettiva e salario minimo coesistono e hanno entrambi un ruolo distinto.
Dando seguito al pilastro europeo dei diritti sociali, il 7 giugno 2022, la Commissione europea, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno raggiunto un accordo sulla proposta riguardante il “salario minimo equo”.
Con questa direttiva l’UE ha l’obiettivo di migliorare la vita delle persone, garantendogli uno stile di vita dignitoso grazie ad un salario minimo adeguato. La proposta non prevede un salario minimo uguale per tutti, ma tiene conto delle differenze culturali ed economiche di ogni paese membro.
Nel rispetto delle differenze che caratterizzano il mercato del lavoro dei differenti Stati, la proposta stabilisce un insieme di procedure volto al raggiungimento di un salario minimo equo:
- promuovere la contrattazione collettiva
- promuovere livelli adeguati di salari minimi
- prevedere la presentazione di relazioni sulla copertura e l’adeguatezza dei salari minimida parte degli Stati membri
Nella stesura delle procedure bisogna tenere comunque in considerazione che:
- Il salario minimo e la contrattazione collettiva non sono necessariamente scelte alternativema possono coesistere dando rilevanza al salario come minimo legale, alla contrattazione collettiva e alle associazioni sindacali
- Ci sono due varianti di salario minimo; il salario minimo universalee quello settoriale, il salario minimo è uguale per tutti i lavoratori, nel secondo caso il salario minimo è differente in base al settore lavorativo di appartenenza
- Le modalità di definizione dell’importo, in alcuni casi può essere il legislatore a definire l’importo, in altri casi il salario minimo viene definito da metodi di indicizzazione automatizzati che tengono in considerazione il costo della vita, il tasso di produttività e le variazioni macro e mciroeconomiche.
La direttiva non può obbligare gli stati membri ad adottare la direttiva, ma ha l’obiettivo di fare in modo che si impegnino ad adottare le misure riportate nel quadro regolatorio comune. Il quadro regolatorio comune assume i criteri fissi, per definire e aggiornare periodicamente il salario minimo e differenziarlo tra gli stati considerando: potere d’acquisto, livello generale dei salari lordi, tasso di crescita e andamento della produttività, ferma la partecipazione delle parti sociali.
Quando i livelli di salario minimo sono fissati si ottengono benefici sia a livello sociale che economico. I salari minimi definiti in maniera trasparente e prevedibile garantiscono:
- Riduzione del gender gap
- Aumento di equità nei salari
- Supporto alla domandadi beni e servizi nazionale
- Rafforzamento degli incentiviad entrare nel mondo del lavoro
stimolando produttività, competitività e inclusione.
L’Unione Europea promotrice del cambiamento assicura un impatto positivo anche in termini occupazionali. La buona riuscita della proposta prevede la copertura della contrattazione collettiva almeno al 70-80% e un miglioramento dell’influenza delle parti sociali.
Attualmente tra i paesi che hanno già adottato il salario minimo agli estremi troviamo la Bulgaria con un salario minimo di €332 e il Lussemburgo con un salario minimo di €2.257, mentre in Germania è pari a €1.621. Anche nei paesi in cui il salario minimo è già introdotto da tempo sono in corso varie riforme come ad esempio in Germania, dove nelle ultime settimane è stato portato a €12/h con l’obiettivo di contrastare la povertà e garantire una paga equa in relazione al costo della vita.
ITALIA
L’Italia è uno dei paesi che non hanno adottato il salario minimo ma ha una forte struttura per quanto riguarda la contrattazione collettiva. La nuova direttiva era attesa con ansia da tutte le parti in causa e ha già acceso i primi dibattiti, portando l’attenzione sul fatto che l’Italia è l’unico paese nell’Eurozona ad avere registrato una decrescita dei salari negli ultimi 30 anni.
Dal 1990 al 2020 in Italia si è registrato un calo del salario medio del 2,9%, mentre Germania e Francia hanno avuto un aumento rispettivamente del 33,7% e del 31,1%. Non solo Germania e Francia considerate economie relativamente “sane” ma anche Grecia e Spagna hanno registrato un aumento del 30% e del 6,2%. Nel 1990 i salari erano di 38,9 migliaia di $ nel 2020 37,8 migliaia di $, con una riduzione netta che ha portato nel 2022 ad un salario medio di €1.550 al mese e €28.500 all’anno.
L’ufficialità della proposta avverrà dopo l’approvazione in via definitiva da Parlamento e Consiglio Ue. Ci auguriamo che venga colta l’occasione per fare un’ampia riflessione sul tema, con l’obiettivo di sviluppare una struttura in grado di ridurre la povertà e le disuguaglianze salariali.